La nduja è un tipico insaccato calabrese a base di carne di maiale e peperoncino, che ha ormai da tempo varcato i confini regionali finendo per essere apprezzato nel resto della nostra penisola ed anche oltre i confini italiani. Le origini della ‘nduja sono abbastanza controverse; per alcuni studiosi fu introdotta dagli spagnoli intorno al 1500; per altri, invece, questo insaccato é da ricondurre al Viceré di Napoli Gioacchino Murat, quando introdusse in Italia un salame di trippa francese chiamatao“andouille”. Sembra che Murat abbia fatto distribuire gratuitamente la “andouille” per accattivarsi le simpatie dei Lazzari partenopei durante la dominazione francese del regno di Napoli.

Certo è che la ‘nduja nasce dietro l’esigenza di utilizzare anche le parti meno nobili del maiale. In passato, infatti, era composta prevalentemente da frattaglie. Nel corso degli anni ha assunto connotati diversi giungendo a noi così come la conosciamo: un insaccato morbido e pastoso, dal sapore avvolgente, deciso e piccante, capace di insaporire sughi, caratterizzare inimitabili bruschette, condire pizze, valorizzare formaggi stagionati, esaltare semplici frittate, aromatizzare legumi, fare da supporto ad intingoli con cui condire la pasta, esaltare il gusto di pietanze a base di carne.

La ‘nduja è costituita da parti grassi e precisamente dal lardello, guanciale e pancetta; è questo il motivo per cui rimane morbido anche dopo la stagionatura. La carne grassa tritata insieme al peperoncino fresco dolce, viene salata e miscelata con del peperoncino piccante in polvere; quindi insaccata nel budello cieco del maiale. Legato il budello con dello spago da cucina, la ‘nduja deve essere affumicata con del legno aromatico, di solito robinia o ulivo e successivamente stagionata in luoghi asciutti ed areati, per un minimo di tre mesi ad un massimo di cinque, a seconda della pezzatura. In questa preparazione unica nel suo genere, oltre alla genuinità delle carni, un’importanza strategica la riveste il peperoncino; questo dovrebbe essere del tipo coltivato in Calabria ed esattamente a Monte Poro. La caratteristica che lo contraddistingue da tutti gli altri tipi è quella di avere una polpa molto sottile, facile quindi da essiccare al sole senza rischi di marcescenza.

Il paese di origine della ‘nduja è Spilingo in provincia di Vibo Valencia e – a difesa della produzione locale – l’Associazione Provinciale Agricoltori ha messo a punto un disciplinare molto ferreo in cui vengono definite molto rigidamente le materie prime da utilizzare e i vari passaggi di lavorazione previsti dalla ricetta originale della nduja calabrese. La nduja ha ottenuto, infatti, la Denominazione di Origine Protetta. Ma la ‘nduja ormai, così come il peperoncino, è sinonimo di Calabria e oggi viene prodotta in tutta la regione, nel rispetto comunque dell’originalità delle materie prime e dei processi di lavorazione. Ma passiamo ora alla ricetta vera e propria.

[amazon_link asins=’B07C3WQ165,B01F7MDJ4E,B0185RQ6FC,B01MUT7YS8′ template=’ProductCarousel’ store=’piatticalabri-21′ marketplace=’IT’ link_id=’13b12871-bf31-11e8-a37f-7323358fa498′]

Ricetta originale della nduja calabrese: ingredienti

1 Kg di carne( lardello, guanciale, pancetta)
150 g. di peperoncini dolci fresco
50 g. di peperoncini piccanti essiccati
30 g di sale fino
Budello cieco
Per insaccare la nduja occorrerà acquistare (o prendere in affitto) una macchinetta insaccatrice.

Fare la nduja calabrese: preparazione

Come prima cosa, occorre lavare abbondantemente il budello sia dentro che fuori con acqua e sale; a tale proposito è opportuno rigirarlo come un calzino. La parte interna è quella a contatto con gli escrementi e quindi va lavata molto bene. All’ultimo risciacquo lasciare in ammollo con acqua e aceto per 3-4 ore. Trascorso questo tempo, asciugare molto bene.

Fatto questo, occorre macinare i peperoncini essiccati. Fare attenzione perché fanno lacrimare gli occhi, meglio effettuare questa operazione in un locale ben areato. Tritare la carne insieme ai peperoncini dolci che saranno stati precedentemente lavati e privati del picciolo.

Ripassare la carne nel tritacarne più volte fino ad ottenere un impasto cremoso ed omogeneo. Mettere la carne macinata in un contenitore capiente ed aggiungere il sale ed il peperoncino piccante. Impastare la carne per amalgamare bene il tutto. Lasciar riposare per 4-5 ore.

Con l’aiuto dell’apposita macchinetta, insaccare la carne nel budello. Durante questa operazione accertarsi di non lascare spazi che potrebbero creare bolle d’aria dannose alla conservazione; a tale scopo mano a mano che il budello si riempie pressare un poco la ‘nduja che si va formando e prima di chiudere il budello effettuare dei piccoli forellini con un ago per far fuoriuscire eventuale bolle d’aria. Sigillare l’estremità con dello spago da cucina, sporcare con del peperoncino piccante la legatura alle due estremità. Legare l’insaccato tutto intorno come si fa con l’ arrosto.

[amazon_link asins=’B07C3WQ165,B01F7MDJ4E,B0185RQ6FC,B01MUT7YS8′ template=’ProductCarousel’ store=’piatticalabri-21′ marketplace=’IT’ link_id=’13b12871-bf31-11e8-a37f-7323358fa498′]

Come fare la nduja calabrese: l’affumicatura

La fase successiva è quella dell’affumicatura. In un locale idoneo appendere le ‘nduje e produrre del fumo nella stanza, bruciando essenze di robinia o di olivo; ripetere questa operazione per una decina di giorni per circa mezz’ora al giorno. Dopo l’affumicatura è la volta della stagionatura che, come si è detto precedentemente, dovrà andare da un minimo di tre mesi ad un massimo di cinque a seconda della grandezza degli insaccati. La stagionatura deve svolgersi in un locale fresco, asciutto e igienicamente protetto. Quando sarà stagionata, il budello presenterà una colorazione marroncino scuro, ma l’interno sarà di un bellissimo rosso vivo.

Come conservare la nduja calabrese

È possibile conservare la ‘nduja nel budello o eliminarlo e conservare il suo contenuto ben pressato e coperto d’olio in vasetti di vetro sterilizzati. Prima di conservarli in frigo, accertarsi che non abbiano bisogno di un rabbocco d’olio. La nduja dovrà essere sempre ben coperta d’olio per evitare il contatto con l’aria.

Una raccomandazione su tutte: come si evince dalla ricetta, in questa preparazione l’unico conservante è quello naturale del peperoncino, non vi sono additivi chimici, quindi è opportuno prestare la massima attenzione all’igiene; tutti gli utensili devono essere puliti, meglio se igienizzati con dell’acqua bollente. Tutti gli strofinacci da cucina devono essere freschi di bucato; il piano da lavoro pulito ed igienizzato.

[amazon_link asins=’B07C3WQ165,B01F7MDJ4E,B0185RQ6FC,B01MUT7YS8′ template=’ProductCarousel’ store=’piatticalabri-21′ marketplace=’IT’ link_id=’13b12871-bf31-11e8-a37f-7323358fa498′]

8 Comments

  1. ottima spiegazione, grazie
    vorrei farla in questi giorni ma ho un dubbio sul tipo di “peperoncino fresco dolce” da usare, che tipo dovrebbe essere? non è piccante?
    grazie

    1. Ciao Pino, grazie per il tuo commento e per la tua utile domanda sui peperoncini dolci. Ce ne sono diverse varietà e sono tutte molto poco piccanti, per questo vengono chiamati dolci. Ad esempio c’è la varietà Beni Highlands o la qualità Tabasco. Ti conviene andare da un rivenditore specializzato.
      Ciao!

      1. fatta usando un budello per cotechini (più piccolo), adesso dovrebbe essere pronta.
        il budello esterno adesso risulta asciutto (è normale ??), ho provato ad aprirne uno e l’interno sembra ok, il gusto è molto buono (ringrazio per la ricetta).
        siccome ne ho fatto in grosse quantità 😉 avrei bisogno di sapere quanto può durare e come è meglio conservarla; meglio lasciarla insaccata o è meglio metterla nei vasetti di vetro ?
        e quanto dovrebbe durare nei due modi ?
        ringrazio in anticipo per i consigli

        1. Ciao Pino e scusa il ritardo nella risposta. e è asciutta dovrebbe andare bene; per quanto riguarda la conservazione, se la lasci chiusa nel budello può stare ben coperta in cantina oppure messa nei sacchetti e passata l sottvuoto, mentre una volta aperta, è meglio metterla in vaetti di vetro sterilizzati, sott’olio.
          Dicci se è chiaro. Ciao!

          1. Per la durata, se è chiusa nel suo budello, dura anche un paio di anni, ma prima di mangiarla annusala sempre per capire se ha un odore strano (è sempre una cosa fatta in casa), mentre sotto olio teoricamente dura anni, ma per essere sicuri io consiglio sempre di consumarla entro 12 mesi.

Rispondi a Buongustai di Calabria Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *