La pitta mpigliata – anche nota con il nome di pitta nchiusa – è un dolce tipico calabrese, che nasce nella provincia di Cosenza, esattamente nel delizioso paesino silano di San Giovanni in Fiore. Della “Pitta ‘Mpigliata” si trovano riferimenti storici (e anche qualche curiosità su questo dolce tipico della Calabria) all’interno di un documento notarile risalente al 1728: un contratto di matrimonio tra la figlia dei coniugi Gianquinta di San Giovanni in Fiore e il possidente Battista Calingiuro. Sul documento si legge che questo matrimonio verrà celebrato a patto che: “.. a far la bocca dolce ai commensali penserà la famiglia dello sposo, che a fine pasto dovrà offrire la pitta ‘mpigliata, preparata anzitempo curando che la pitta sia di finezza giusta…“.

La pitta nchiusa o mpigliata, quindi, è un dolce che veniva preparato principalmente nelle feste nuziali e, come quasi tutti i dolci calabresi, è privo di creme, pertanto ha una consistenza asciutta.
Secondo la tradizione e le indicazioni della ricetta originale, la preparazione della pitta nchiusa inizia due giorni prima per lasciare agli ingredienti, costituiti prevalentemente da frutta secca, il tempo necessario di armonizzarsi con gli aromi previsti.
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In verità, questo dolce tipico è conosciuto in tutta la Calabria, anche se in provincia di Catanzaro viene chiamato più frequentemente con il nome di “Pitta ‘Nchiusa”. Nel 2006 la Camera di Commercio di Cosenza ha inoltrato la richiesta per ottenere per questa preparazione tipica la denominazione di origine protetta.
Ma vediamo quali sono gli ingredienti e quale è il procedimento per realizzarla.

Leggi anche come si fa la pignolata in casa.

Pitta mpigliata o nchiusa: ingredienti della ricetta originale

Ingredienti per la sfoglia
500 g di farina 00 per dolci
2 uova
100 ml di olio extra vergine di oliva
100 ml di vino dolce
100 ml di spremuta di arancio dolce
Due cucchiai di zucchero semolato
Un bicchierino di liquore dolce
Un pizzico di cannella
La buccia di un arancia essiccata e tritata *
1 bustina di lievito per dolci
Un pizzico di sale

Ingredienti per il ripieno
250 g di miele
200 g di gherigli di noci
200 g di uva sultanina
60 g di pinoli
Mezzo cucchiaino di chiodi di garofano in polvere
Un cucchiaino di cannella
La scorza grattugiata di un arancio ed una di limone
Un bicchierino di liquore dolce

Pitta mpigliata o nchiusa: preparazione della ricetta originale del dolce calabrese

  • Come prima cosa, due giorni prima di realizzare il dolce, tritare al coltello tutta la frutta secca, unire, l’uva sultanina precedentemente ammollata e strizzata, la cannella, la polvere di chiodi garofano, le scorze degli agrumi grattate, il liquore e lasciare che gli aromi aromatizzino tutti gli altri ingredienti.
  • Passato questo tempo, preparare la sfoglia setacciando la farina insieme al lievito. Porre a fontana sulla spianatoia e mettere al centro le uova, il liquore, il vino, l’olio, un cucchiaio di zucchero, il sale, la cannella, il succo d’arancio, la buccia d’arancio essiccata.
  • Lavorare l’impasto fino a quando non sarà liscio ed omogeneo.
  • Prelevare un terzo dell’impasto e stenderlo in modo tale da ottenere un disco di pasta per foderare una teglia di circa 28 cm di diametro, facendola sbordare un poco. Spennellare il centro del disco di pasta con un poco di miele e di olio e spolverare con l’altro cucchiaio di zucchero.
    base pitta nchiusa in teglia
  • Stendere ora il resto dell’impasto e ritagliare con la rotella, sette strisce larghe circa 7 cm e lunghe circa 30 cm. Porre al centro della striscia, e per tutta la sua lunghezza, l’impasto di frutta secca ed aromi. Piegare la striscia per la sua lunghezza facendo combaciare i due bordi ed arrotolatela sua stessa. Si formerà una bellissima rosellina. Procedere con le altre strisce fino a completarle tutte e sette. Porne una al centro della teglia dove si è steso il disco di pasta e sistemare le altre roselline tutte intorno a quella centrale.strisce ripiene pitta nchiusarotoli ripieni pitta nchiusa
  • Sollevare i bordi del disco di pasta  all’interno della teglia e farlo aderire alle insenatura fra una rosa e l’altra; nei punti di contatto, per migliorare l’aderenza, spennellare un poco di uovo crudo. Infornare la “Pitta ‘Mpigliata” per 40 minuti circa a 180°C se il forno è statico o a 160°C se è ventilato. Deve comunque risultare ben dorata e croccante. Quando sarà cotta, estrarla dal forno e spennellarla con una miscela calda realizzata con un cucchiaio di miele fuso ed uno di vino dolce.
    pitta mpigigliata

È molto meglio gustarla il giorno dopo.

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NOTA: * Per realizzare la buccia di arancia essiccata e tritata, sbucciare un’arancia, tagliare la buccia a striscioline e porla nel forno per più di due ore alla temperatura di 50°C. Se la buccia ha veramente perso tutta la sua umidità tenderà a spezzarsi. In caso contrario rimettere in forno per un altro po’ di tempo. Quando sarà bene asciutta polverizzare in un frullatore. Porla in un barattolo chiuso ermeticamente. Si conserva benissimo per mesi. Con questo metodo si avrà a disposizione un aroma validissimo per ogni preparazione culinaria.

10 Comments

  1. Ciao e complimenti per questa chicca calabrese DOC! Io SN calabrese, ma della provincia di Cosenza, l ho assaggiata per la prima volta grazie a mia zia che è di Petilia. Una domanda:il ripieno da preparare due GG prima include anche i 250 g di miele? O quello non si aggiunge? Nn riesco a trovarlo nella descrizione. Grazie mille Catia di http:// rainbowcate985.blogspot.it

    1. Ciao Catia, grazie di averci fatto visita. Puoi aggiungere il miele all’inizio, cosi si insaporisce al meglio il tutto, altrimenti puoi tranquillamente aggiungerelo alla fine; come preferisci.

  2. ingrediente in più ingrediente in meno “a pitta e a pitta” ho seguito la tua ricetta adesso è in forno speriamo in bene , la mia suocerina era calabrese e faceva certe pitte cotte nel forno a legna che erano una meraviglia ed io che sono milanese d.o.c. ho capito dalla tua ricetta che era quella che le assomigliava di più. grazie

    1. Ciao Manuela, grazie per essere passata sul sito e per il tuo piacevolissimo commento! Spero che la pitta sia riuscita bene, anzi mandaci una foto se ti fa piacere oppure postala sulla nostra pagina facebook, cosi se hai bisogno di qualche ulteriore consiglioper mettere a punto la ricetta possiamo farlo anche li!
      Grazie ancora

  3. La mia mamma non metteva il miele ma le noci e l’uvetta venivano cotti nel vino cotto fatto in casa con il mosto preparato da noi

    1. Ciao Vanda, grazie del tuo prezioso contributo! Per questo, abbiamo creato anche la ricetta del vino cotto che verrà pubblicata – insieme ai turdilli – la prossima settimana!

  4. complimenti per la ricetta, giustamente come hanno scritto gli altri ognuno ha la sua ricetta. quello che non condivido e che nell’impasto della pitta vengono messe le uova. la parola stessa pitta vuol dire pasta di pane. io faccio le pitte da quando avevo dieci anni con mia mamma che era del 925 e mia nonna che era dell’890 ed erano di caccuri paese vicino a san giovanni in fiore. un dolce che si faceva negli eventi ma soprattutto nelle feste natalizie e quindi dovevano tenersi nel tempo. chi ha aggiunto i chiodi di garofano è un teppista quello si usa per la selvaggina……………

    1. Ciao Stanislao,
      grazie per aver lasciato il tuo prezioso contributo! Ogni piccolo paese e ogni micro zona ha le sue tradizioni e le sue varianti per una stessa ricetta grazie per averci suggerito la tua, che deriva dalla tradizione della tua famiglia.
      A presto!

  5. ai miei tempi non ho mai visto le mini “pitteimpigliate”. Erano solo grandi. E neppure c’erano tutti gli ingredienti riportati nell’articolo, esempio arance e vino.

    1. Ciao Salvatore, grazie per esere passato sul sito e per aver lasciato il tuo prezioo commento. In effetti anche mia nonna le faceva un po’ più grandi, ma noi per comodità le abbiamo fatte un po’ più piccole. Per quanto riguarda gli ingredienti, ogni zia ha la sua ricetta e ognuna ha delle varianti che si sono tramandate da zia a nipote. Sono comunque tutti ingredienti della tradizione, che si utilizzavano anche per altri dolci e spess l’uso di un ingrediente è dato dalla volontà (o dalla necessità) di non sprecarlo e riutilizzarlo.
      Ciao, a presto!

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